Processi e processati dai Grandi Consigli
26 febbraio 2019
Era la sera del 21 febbraio di quest’anno, quando sei consiglieri comunali leghisti, capitanati dal neo commissario cittadino Fabio Benetti, con la loro decisiva firma, hanno detronizzato il sindaco di Rovigo Massimo Bergamin. Leghista come loro. Vice presidente nazionale del partito. Non ascoltando, anzi fregandosene e mostrando i muscoli, i consigli e le indicazioni dei massimi esponenti veneti del partito, guidati dal segretario Da Re, giunti più volte in città. Ora “i traditori” hanno ottenuto la pena massima prevista: l’espulsione. Decretata dal Consiglio nazionale della Liga Veneta, riunitosi al completo lunedì 25.
Era già avvenuto, anche se i protagonisti erano di ben altro calibro, il 25 luglio del 1943. Al Gran Consiglio del fascismo, quando diciotto suoi componenti, cui si aggiunse Galeazzo Ciano che aveva sposato la figlia di Mussolini, firmarono l’ordine del giorno del gerarca Dino Grandi che di fatto decapitava il Duce, chiedendo che il Re riprendesse in mano esercito e nazione. La pena, durissima e spietata, la ottennero sei mesi dopo, l’11 gennaio del 1944. Erano anche loro in sei. Furono fucilati alla schiena, come in uso per i traditori, nel poligono di tiro di Verona.
Chi scrive non è mai stato tenero con il sindaco, anzi. È il ruolo di un cittadino che scrive, l’essere vigile, se volete anche spietato come un cane da guardia, per allertare i lettori, i cittadini. I sei “ragazzotti”, con l’argento vivo addosso, si sono probabilmente scordati che indossavano un simbolo, una casacca, quella di Alberto da Giussano, che implica delle regole. Le stesse che Forza Italia aveva adottato due anni fa, espellendo dal partito i due consiglieri che avevano firmato per far decadere, a Padova, l’amministrazione Bitonci. Ora il partito del “Capitano Salvini”, nella città delle rose, ha l’occasione di innestare una nuova marcia dopo aver resettato la gerenza comunale. Dai tradimenti possono partire i rinnovamenti. La Lega, in Polesine, sembra non riuscire a innalzarsi, come avviene nelle altre province, dal pantano.
Come sempre, il pericolo che incombe sarà quello di valutare e soppesare chi formerà la nuova squadra, chi chiederà di farne parte e rappresentare il partito che oggi ha il vento in poppa. Un compito certamente non facile ma stimolante e indicativo per misurare le capacità e qualità di chi è stato chiamato a ricostruire e rilanciare la sezione cittadina. Credo che l’assessore regionale Cristiano Corazzari, neo commissario, si giocherà con questa sfida il suo futuro politico. Da assessore alla cultura mi auguro abbia letto l’aneddoto su Lorenzo de Medici, detto il Magnifico. Il Signore di Firenze, mentre era affacciato alle finestre di Palazzo Vecchio, accompagnato da uno dei suoi consiglieri, nella sottostante piazza vide transitare un importante personaggio che prestava la sua opera presso un suo antagonista. “Lorenzo – gli mormorò il suo ispiratore – lo vedi? Gli ho parlato ieri e mi ha detto che sarebbe disponibile di passare al nostro servizio abbandonando il suo padrone. Chiede in cambio un fiasco di Chianti ogni settimana”. Sapete quale fu la risposta di Lorenzo? “E se una volta con noi incontrasse chi gliene offre una damigiana”? Saggezza che dovrebbe ispirare e interessare chi si candiderà a futuro sindaco di Rovigheto.
Roberto Magaraggia
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