I “pifferai magici” scendono in campo a Rovigheto
10 aprile 2019
A Rovigheto l’area di centro destra sta verificando la prova del nove. Ossia la totale inadeguatezza di capi partito, capi fazione o più semplicemente capi di sé stessi di creare una leaderschip. Il nostro comune assomiglia sempre più a un villaggio che a una città. Si stanno infatti affermando personalismi, isterismi, agonismi, egocentrismi caratteristici dei piccoli centri, dove intelligenza e libido non hanno alternative, essendo confinate. Così ai “destrorsi” non resta che azzuffarsi tra loro, invece di aggredire il “sinistro” nemico. Senza rendersene conto, rischiano di nauseare i già infastiditi lettori dei giornali, oltre che elettori, cui viene servito il quotidiano bollettino di guerra.
Già la storia ci informa di garibaldini, squadristi e partigiani che hanno dato prove dell’incapacità italiana di far la guerra allo straniero, e del gusto invece di farla tra loro. Anche a sinistra comunque si rimarcano tipologie di centralismo democratico di stampo sovietico, con personalismi che vanno dal marcato egocentrismo di Silvia Menon, all’individualismo di Edoardo Gaffeo che, dal momento che ha saputo che non sarebbe stato più riconfermato nel CDA di Intesa San Paolo, lo dicono impegnato alla ricerca di un posto in grado di surrogare la perduta carega. Sottolineano poi il fatto dei quattordici anni trascorsi fianco a fianco dei banchieri, con interessanti indennità, che poco si sposano con la sinistra, il mondo dell’artigianato e della piccola impresa, che dalle banche sono strozzati. Si pensi solo a Monte Paschi, Banca Etruria, Banche venete e alle migliaia di operai e cittadini truffati. Che avesse ragione Ennio Flaiano il quale sosteneva che per essere un vero comunista bisogna essere milionario?
Infatti termini come “Destra” e “Sinistra”, importati dai cugini francesi prima della Rivoluzione, sono abusati e oramai superati dai fatti e dai comportamenti umani, che invece di rincorrere le morte ideologie, puntano ad altro. Le tradizioni sono dure a morire. La scena ci prospetta una serie di novelli “pifferai magici”, come quello di Hamelin, narrato nella omonima fiaba dai fratelli Grimm. Capita prima di ogni tornata elettorale: muniti del loro flauto scendono nelle strade ponendosi alla guida di sfilze di cittadini promettendo di “fare cose belle”, “di rilanciare Rovigo”, per “cambiarla e migliorarla”. (sinceramente in tanti anni non ho mai visto nessuno, nemmeno il più èbete fra i candidati, chiedere voti ai cittadini “per fare cose brutte”, “per distruggere la città”, “per dissestare strade e riempirle di buche”).
Le verità, ora nascoste, verranno alla luce quando si dovranno distribuire le careghe. L’inclinazione allo scambio, al baratto nel campo della politica è divenuta prassi comune fra tutti gli uomini, ma è completamente assente nella razza animale, cui facciamo parte. Il fatto che molti cittadini seguano i “musicisti nostrani”, mettendosi in fila senza nulla sapere dei programmi che dovrebbero certificare e onorare con la loro presenza, è una delle tante leggerezze della politica odierna. Tutto si gioca su chi riesce meglio a catturare il consenso: far credere, dar da intendere, sono l’archetipo, il modello di sempre. Viviamo nell’epoca degli spot, delle promesse, dei riflettori che illuminano la scena dello spettacolo. Poi il sipario si chiude, e per i rovigotti ritorna la triste vita di sempre. Nella memoria, i fatti scompaiono sostituiti da altri fatti. L’informazione ha preso il posto della formazione: i nuovi maestri “Alberto Manzi”, che nella mitica Rai del 1961 con la trasmissione “Non è mai troppo tardi” insegnava alle moltitudini di analfabeti i primi rudimenti della lingua italiana, è sostituita oggi da Facebook, Istagram, WhatsApp. Si vive alla giornata. Non vi è stata mai un’epoca come questa che abbia cercato di fare una virtù del dimenticare. Roberto Magaraggia
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