Il Giulio polesano
Il prossimo 15 febbraio Giulio Veronese compirà novanta anni. Da quei freddi e nebbiosi mesi in cui vide la luce molte stagioni sono trascorse.Tanto che il famoso politico polesano ha già di fatto superato la “terza età”, immettendosi nella “quarta”. Con successo, sia fisico che mentale. Smentendo quella che è diventata una caratteristica della celebrata società industriale dove i vecchi sono considerati un relitto, mentre in quella agricola erano dei saggi. E lui, “il Giulio” polesano, l’amore per la terra lo ha trasformato in elisir di lunga vita. Reale e professionale. La sua giovinezza è lastricata di sacrifici dei suoi familiari che si sommavano a quelli da lui profusi per guadagnarsi un diploma. Ottenuto il quale decise di inserirsi in quel mondo cui si sentiva debitore, e in dovere di restituire quei valori che gli erano stati trasmessi. Quando transito a Rovigheto in via Alberto Mario 19, osservo spesso quell’immobile, che dovrebbe essere denominato “storico” per quelli che sono stati gli importanti avvenimenti che si sono decisi in quelle stanze, dove c’è la Coldiretti provinciale. Li si decidevano i parlamentari, i presidenti di banche, di cooperative eccetera. Una sede comprata pietra su pietra tramite una sottoscrizione “mattone a mille lire”, lanciata ai soci mezzadri e piccoli coltivatori nel 1950. Cinque anni dopo aver cambiato il nome da “Casa del Coltivatore” alla denominazione attuale. Poi, man mano che le esigenze degli associati aumentavano, negli anni, si è allargata acquisendo due palazzi limitrofi. Ma è in quell’edificio, sotto gli austeri bronzi dei busti del fondatore Carlo Belloni, e del suo primo direttore, poi divenuto senatore, Antonio Cittante, che Veronese ha costruito la sua brillante carriera. Passo dopo passo sino a diventare Assessore regionale all’agricoltura. Dalla prima giunta Tomelleri, nel 1970, sino agli anni ‘90 con la quarta di Cremonese. Nonostante il nostro recente passato, in cui la maggioranza dei polesani era impegnata nel settore primario, l’agricoltura e i suoi benefattori sembrano cancellati da questo vorticoso modernismo. Quasi a vergognarsi dei nostri avi, cancellando così le nostre radici e disperdendo il patrimonio genetico. Così non è per Veronese, che da quando ha smesso di occuparsi della politica attiva, rimasto vedovo, è attorniato da figli, parenti e amici. Ma soprattutto da una amatissima schiera di nipoti. Quindi il tempo libero non lo spaventa. Scrive e da’ alle stampe libri su libri che divengono pietre miliari sugli avvenimenti succedutisi nella nostra “Mesopotamia”. Tra Po e Adige. Tra alluvioni, bonifiche e terreni super fertili. E grandissimi esempi di sacrifici e dedizione al lavoro che, dal 1919 in cui fu fondata l’associazione, hanno trovato rappresentanza nel loro sindacato. Il tempo, che trascorre inesorabile, non preoccupa il futuro di questo importante personaggio, vissuto in sinergia nella Democrazia Cristiana con Tony Bisaglia. Perché, anche oggi vive impegnato a progettare giorno dopo giorno la sua esistenza. E, come sosteneva Amleto, non è il dubbio ma la certezza che uccide”.