Cultura, la droga che crea indipendenza.
Me lo sono fatto ripetere per ben tre volte. Stentavo a crederci. Probabilmente per una mia idea sbagliata di cultura, che raccoglie dubbi più che certezze. Appunto. Quando tempo fa un mio interlocutore mi ha informato che a Cristiano Corazzari era stata affidata la delega alla cultura, insistevo: vedi che ti sbagli, sarà l’agricoltura. Invece era stato nominato da Zaia referente per più materie: pianificazione territoriale e urbanistica, beni ambientali, culturali e tutela del paesaggio, parchi e aree protette, caccia, pesca e acquacoltura, polizia Locale – Sicurezza, cultura, spettacolo e sport, edilizia sportiva, , edilizia di culto, identità veneta, flussi migratori, veneti nel mondo, diritti umani e minoranze linguistiche. Mica male. Poi, dopo essermi accertato che ero io a trovarmi in errore, ho iniziato a pensare. È vero che le varie giunte regionali venete non hanno mai dato più di tanto peso alla cultura, nominando nel campo del sapere persone molto meno titolate di lui. La dimostrazione la si evince anche dall’ultimo e limitatissimo stanziamento di bilancio per il settore, che ne caratterizza l’importanza. Soli 3,50 euro a cittadino, che ci pone al penultimo posto delle Regioni italiane. Forse perché anche da noi ancor oggi è prevalente il tristemente detto: “con la cultura num se magna”, che una brillante Paola Cortellesi ripete ad Antonio Albanese nel film “Come un gatto in tangenziale 2”. Riflettendo, ho poi intercettato, e non credo che Zaia lo abbia letto, il Newsweek dove la giornalista Jessica Bennet scrive che il criterio dei cacciatori di teste negli Stati Uniti poneva la cultura dopo il terzo posto d’importanza della classifica. Prima venivano esperienza e sicurezza e avvenenza. Poi la cultura. Credo comunque che sulla decisione a Palazzo Balbi abbiano influito due aspetti: l’assoluta obbedienza e le phisique du rol del candidato, il più “seducente” maschio della giunta. Il suo successo nel mondo femminile è risaputo, come la sottomissione al capo. Probabilmente, questi aspetti, per il presidente della regione costituiscono un bilanciamento. Perché, a voler essere pignoli, in questa nomina si riscontra una contraddizione in termini. Il 7 dicembre del 2016 la giunta Zaia ha approvato una legge che prevede che i comuni possano imporre l’uso della “Lingua Veneta” nelle scuole. Quella del Ruzante, Goldoni, Palmieri e Zanzotto, per capirci. A volte usata anche da Zaia nelle quotidiane conferenze stampa poi scimiottate da Crozza. Insomma quella “Dell’Academia della Bona Creansa ”, che si trova nel profilo dell’Unesco. Lingua comunque estranea all’assessore rivierasco, che preferisce come lessico dialettale “parlar el frares”.