Grazie Maestri
11 aprile 2022
Ma chi ricorda Giorgio Consolini quando cantava che… gli anni passano e i bimbi crescono mentre le mamme imbiancano…”? Era un’Italia post bellica dove regnavano entusiasmo e voglia di fare. Una popolazione che si rialzava dalle devastazioni prodotte dalla guerra. Dove regnavano povertà, miseria e famiglie numerose. Che, man mano, hanno ricostruito quella nazione che ha poi scalato le classifiche mondiali del benessere. Eppure l’analfabetismo era altissimo. Mi ricordo le scuole elementari di Bagnolo Po: poche stanze superaffollate di bambini che avevano l’argento vivo addosso. Ma soprattutto il merito dei maestri elementari. Quelli di una volta. Paride, Luisella, Franchini, Sambini. Arrivavano in bicicletta, ordinati, puliti, in giacca e cravatta o tailleur ed esigevano rispetto. Come dovrebbe essere ancor oggi. C’erano i banchi in legno, una cattedra elevata dalla predella. Poi penne e calamai ad inchiostro e carta assorbente. Un quaderno a righe e uno a quadretti. Il sillabario. La cartella, quella di legno, era stata sostituita con quelle più morbide e pratiche di cuoio o pelle. Le materie insegnate non erano molte: educazione civica, italiano e bella scrittura, storia, religione, aritmetica e geografia. C’era poi il controllo igienico: si visionavano viso, mani, orecchie, e capelli. La scabbia era diffusa. C’erano anche le punizioni: qualche bacchettata sulle mani o il relegare l’alunno indisciplinato dietro la lavagna. Una stufa scaldava tutto l’ambiente. C’era, appeso al muro, il crocefisso. La scuola dell’obbligo terminava con la quinta elementare, non da tutti ultimata. Si entrava alle 8,30 e le lezioni terminavano alle 12,30. Poi tutti a giocare, come richiedeva quell’età. Mi rendo conto che traslare quel “mio tempo che fu”, oggi è anacronistico. Ma l’obiettivo è quello di rinverdire, con la primavera, anche la memoria. Senza la quale saremo costretti a vivere il presente. Questo brutto presente. E saremmo presi dalla confusione e rabbia di fronte a situazioni sconosciute che percepiremmo, ma non sapremmo ricordarle e metterle in sequenza. Un vero macello. Quindi ecco il mio Grazie rivolto a tutti i maestri. Un attestato che credo si possa inoltrare, da parte di tutti quegli alunni col grembiule nero e fiocco azzurro o rosa degli anni 50-60-70, a tutti gli insegnanti. Perché, pur non avendo avuto in classe un Don Lorenzo Milani, una Maria Montessori o un Alberto Manzi, quali traghettatori ed educatori sulla strada civile educativa e pedagogica, abbiamo avuto la fortuna di incontrare persone pratiche in grado di lasciare il loro segno costruttivo nella società, allora contadina. Senza internet, televisore, computer, smartphone, ma armata e sorretta da responsabilità, rispetto, generosità, ottimismo e impegno. Tanto che anche un piccolo paesino ha sfornato il più importante manager dello spettacolo, il più grosso albergatore di Lido degli Estensi, una persona al vertice dell’Ordine regionale dei giornalisti del Veneto. Insegnamenti che hanno prodotto una sommatoria che ha generato quello boom economico che sappiamo. Tutto merito degli insegnanti di quei bambini, ora anziani cittadini, divenuti professori, muratori, artigiani, falegnami, agricoltori, commercianti, operai, impiegati e professionisti. Che hanno ricostruito con grandi fatiche e sacrifici quella nazione che ci ha resi orgogliosi nel mondo.