Matteotti: un politico da imitare, non beatificare
13 agosto 2022
Mentre assistiamo a rappresentazioni degradanti di un ceto politico “ la qualunque “, che cerca di nascondere attraverso ridicole piroette l’unico obiettivo che ha in testa, cioè le “ careghe “, in Italia, in Polesine, tra poco più di un anno, sarà celebrato il ricordo relativo all’assassinio di Giacomo Matteotti. Cento anni da quel barbaro delitto ordinato da un suo ex compagno socialista, Mussolini. Sembrerà strano, ma le più grandi cattiverie si registrano, ieri come oggi, tra ex colleghi. Già quando erano giornalisti all’Avanti, non correva buon sangue tra i due. Ho anche una convinzione, non mi spingo ad affermare certezza, che tra rari socialisti oramai viventi non si conosca in modo approfondito la sua breve vita. Cosi come il “Socialismo”, e i suoi “pilastri” come il giovane Matteotti. Storia che ritengo fondamentale, in tutti i suoi aspetti. Anche negativi. Non per screditare uno statista, un martire, un politico coraggioso a sprezzo della sua vita, ma per riportarlo nell’alveo degli esseri umani. Di santi ne abbiamo fin troppi. Partirei dalla lettera di Vincenzo Bianchi, di Roma, studioso, che ritengo essere dai polesani conosciuta. Eccola. “Si discute sulla questione degli sbarchi negati a migranti dall’Africa. Polemiche roventi con Salvini sotto accusa. Ma cosa si direbbe oggi di un precedente del 1915? A guerra appena iniziata, un consigliere provinciale di Rovigo, allora retrovia del fronte, propose di negare ai feriti in guerra il ricovero negli ospedali di città e provincia. Non ai clandestini, ma ai soldati italiani. Quel signore, in qualsiasi altro paese sarebbe stato internato in un manicomio criminale. O passato subito per le armi. In Italia ci si limitò a un periodo di confino di polizia in Sicilia. Quel forsennato si chiamava Giacomo Matteotti”. Il nostro politico era infatti contro l’interventismo dell’Italia in guerra, come anni prima aveva avversato l’impresa libica. Comportamenti netti e decisi, quasi da far apparire oggi Matteo Salvini come San Catello. Un’altra “gaffe”, non proprio edificante, la si ritrova nel passato del socialista frattense. Consumata sempre il consiglio provinciale di Rovigo. L’irruente rappresentante della sinistra si scagliò violentemente contro tre colleghi esponenti del blocco cattolico-liberale, la cui elezione era ritenuta incompatibile con le cariche che costoro ricoprivano quali esattori dei tributi comunali nella provincia di Rovigo. L’arringa di Matteotti era stata particolarmente severa. Senonche’ il consigliere cattolico Umberto Merlin (divenuto poi senatore) rivelo’ come Matteotti si trovasse nella stessa condizione dei tre inquisiti, poiché risultava fideiussore della Banca del Polesine per il sevizio di esazione dei tributi in Comune di Badia Polesine. La vicenda si concluse per lui male: tanto che fu dichiarato decaduto. Nel Consiglio provinciale del 5 giugno 1916 venne anche denunciato e condannato dal pretore a trenta giorni di arresto con la condizionale per “grida sediziose” e “disfattismo”. Pena confermata in appello, poi eliminata dalla Cassazione nel 1917. Dalle autorità dell’epoca Matteotti era considerato un “violento agitatore”. Direi che invece era un socialista vero. Un esempio da far impallidire quelli che oggi vengono impropriamente ancora chiamati “ onorevoli “.