La pagella della settimana
6 gennaio 2019
Le cronache ci segnalano che, qualche giorno dopo che il maestro Stefano Romani era stato “trombato” nel concorso per direttore del Teatro Sociale di Rovigheto, arrivando secondo (erano in due gli ammessi alle prove orali su nove domande, sic) ha diretto un magistrale concerto di Capodanno. Ovazioni da parte dei presenti. Anche il sindaco e alcuni assessori avrebbero assistito. Da veri democratici, hanno immediatamente interpretato il popolo. Si sarebbero quindi precipitati in camerino per congratularsi col numero uno. Non si conoscono i colloqui, e le risposte del “numero due”, in quella che forse è stata la location: più che un camerino, penso una “camera caritatis”. Comunque sindaco e assessore/i li trovo meravigliosi. Oserei dire straordinari. “..alla faccia del bicarbonato di sodio…” direbbe il grande Antonio De Curtis, in arte Totò. Quindi non chiamateli col diminutivo di “professori”. Mefistofele diceva che era inutile affannarsi e percorrere i campi della scienza, perché ognuno impara solo quello che può imparare. Invece colui che sa cogliere il momento è “il vero politico, il vero fenomeno”. Voto 8
Una gentile signora, impiegata da decenni presso la sede provinciale de partito comunista, ora PD, è stata licenziata. Gli mancavano pochi anni per raggiungere la pensione. Il “partito” non avrebbe più soldi per retribuirla, nonostante vi siano decine di onorevoli, senatori, assessori, sindaci che percepiscono stipendi e pensioni semplicemente perché sono stati candidati. Dal lontano 1898, quando venne fondata la Cassa nazionale di previdenza con versamenti volontari, al 1919 quando diventò obbligatoria, fino alla Brodolini del 1969, le sinistre sono sempre state avanguardie per tutelare la vecchiaia di lavoratrici e lavoratori. Fino a tempo fa, quando i parlamentari e politici di sinistra, raggiunti dal benessere economico, hanno abbandonato le periferie e si sono ritirati nel centri delle città, e del benessere. E i lavoratori, capendolo, non li hanno più votati. A Rovigheto per dire, Gaffeo, è prevalso nel centro storico. Fosse stato per le frazioni sarebbe stato sconfitto. Credo che, per dei cittadini non ignoranti, sia superfluo indagare il legittimo sfogo della licenziata (secondo voi che si rivolga alla CGIL, per essere tutelata?) quando ha affermato che “…potrei scrivere un libro con tutto quello che mi è passato davanti agli occhi in questi anni ma è meglio di no, perché non so che immagine ne uscirebbe e non mi va che sia brutta…”. Non c’è bisogno, gentile signora, questa sua riflessione basta, e avanza. Voto 4
Non vi è necessità di ricorrere ai politologi per capire che l’amministrazione di Rovigheto è letteralmente mutata rispetto ai tempi della giunta Bergamin. Si iniziano a intravvedere operai, i mitici stradini, che riparano chiusini dissestati da anni, le tre fontane che funzionano anche d’inverno, qualche buca eliminata. Avere poi istituito un “Ufficio per gli animali”. E’ quel poco che fa sperare. Anche tra la schiera degli assessori, fino adesso assenti (probabilmente stanno studiando per imparare cosa significa scendere dal pradellino e amministrare) già si individuano ruoli a mio avviso inadatti, come quello dell’assessore alle partecipate, per esempio. Queste osservazioni sulle dinamiche, che interessano la gestione amministrativa, sono abbastanza semplici da intuire, senza bisogno di essere titolate da protocolli accademici, ma dettate dal fare, e fare bene. Insomma liberiamo la mente; non c’era bisogno di gente laureata e istruita per amministrare decentemente: Archimede scoprì trecento anni prima di Cristo la legge idrostatica sui corpi sommersi e galleggianti, ma le navi fenice, greche e romane galleggiavano benissimo solcando da secoli il Mediterraneo. Voto 6
Dicevo della diversità di status, non di ruolo, tra l’ex sindaco Massimo Bergamin e l’attuale Edoardo Gaffeo. Ho già espresso un mio convincimento: l’economista è abile nel leggere bilanci e interloquire. Sicuramente porterà valore aggiunto strutturale a Rovigheto, ma molto difficilmente riuscirà a rianimare una cittadina morente. Il tempo dirà, essendo la miglior medicina. Intanto è trascorso quasi un anno da quel 21 febbraio dello scorso anno quando Bergamin venne “ghigliottinato” dai suoi “amici rivoluzionari”. Da allora, traumatizzato o divenuto tardivamente saggio, non ha più proferito parola. Non credo trattarsi di silenzio prudente, dettato dal luogo in cui si trova, o dalle persone che gli stanno accanto. Nemmeno di silenzio artificioso, per sconcertare e sorprendere. Quello compiacente non lo ha nemmeno usato quando era al potere. Esclusi quello spirituale, stupido, apprezzante, non escluso quello d’umore non rimane altro che quello “politico”. Cioè quello che avrebbe dovuto attivare appena la Dea bendata lo aveva inaspettatamente issato a Palazzo Nodari. Doveva comportarsi con circospezione, e soprattutto non invertire, come ha fatto, il consiglio del vecchio saggio” : “…esiste un momento per tacere e un altro per parlare…”. Voto 5
Vorrei riflettere con voi su un gesto “umano”, che ha riempito le pagine di giornali e televisioni e che ha fatto molto discutere il popolo. Quello delle “schiaffette” del Papa a una turista che gli tratteneva la mano. Credo, i comportamenti della signora e la reazione del Pontefice , siano due “errori”. Cari a Dio, che ci ha dotato di tutti quegli strumenti, in primis il libero pensiero, per poterci liberare dagli errori, nonostante ci ricadiamo, causa della nostra umana fragilità. Dio, gli sbagli della fedele e del Papa, non lo spaventano perché “tutto assolve”. Il “perdono”, per la sua brutta reazione, il Vescovo di Roma, lo ha infatti richiesto, come avete notato, rivolgendosi alla folla di cattolici, dal balcone di piazza del Vaticano. Non a Dio. Perché, da studioso Gesuita, sa bene che chiedere perdono all’Altissimo significherebbe ammettere implicitamente che il Creatore possa essere irato. Questo sarebbe come accusarlo di essere un “despota”, e non chi ci dona la vita e tutti gli strumenti per il nostro percorso terreno. Dimostrarsi collerico con il Suo creato, equivarrebbe quindi ad ammettere un errore. Come, ad esempio, che in agricoltura volessimo pretendere un raccolto senza aver seminato. Pensieri complicati, vero?Voto 10
Lascia un commento