La Pagella
Non comprendo lo sconcerto del sindaco di Trecenta Antonio Laruccia. Anche se arrabbiato perché il suo comune, assieme a Bagnolo di Po e Fiesso Umbertiano sono stati esclusi dalla Zona Logistica Speciale. Un turbamento che dovrebbe colpire i cittadini, non i politici navigati come lui. “Fare il male e non lo dire, dire il bene e non lo fare” scriveva un antico illuminato pensatore sull’arte di governare. Non credo però che debba ricorrere al Ginkgo Biloba per ricordare quanto accaduto due anni fa nel centro altopolesano. Quando, dopo le dimissioni dell’assessore Simona Bisaglia dalla giunta comunale, perché eletta in Consiglio Regionale Veneto, fu da lui surrogata senza consultare il Carroccio tanto che si arrivò a una frattura che portò l’uscita della Lega dalla maggioranza. Se finge, o la memoria lo tradisce, “l’incazzato” primo cittadino dovrebbe andare a rileggersi le cronache che seguirono questi bizzarri eventi. Un simpatico politico intrattenitore, come l’assessore regionale Cristiano Corazzari, la memoria invece l’ha buona. E “non dimentica”, sostiene che lo conosce bene. Nemmeno l’ultimo “affronto” subito: l’aver corso, Laruccia, all’elezione a presidente la Provincia in una lista alternativa a quella del pupillo Enrico Ferrarese, sindaco della sua Stienta. Ecco che allora i fondi promessi per il Recupero dell’ospedale, o la ZLS paiono scomparsi. Tutti in fondo a un pozzo che, nonostante l’adirarsi del primo cittadino, non trovano nella sua amministrazione il sostegno dovuto. Solo un importante concittadino, Paolo Ghiotti, figlio della maestra Bagnolese Stefania Vigna, presidente dell’Ance Veneto, ha fatto sentire la sua voce. Silenzi che parlano invece dalla trecentana Bisaglia e dell’onnipresente collega ficarolese Laura Cestari (attenta alla sovraesposizione mediatica, Corazzari ti osserva) sedute a Palazzo Balbi. Assenti pesanti anche all’ultimo consiglio comunale dove si dovevano decidere azioni eclatanti: leghisti assenti, e contrari ad azioni dure anche gli oppositori interni. Cosicché la solitudine del settantunenne sindaco diventa una aggressione del destino, in quando non volontaria.
BOCCIATO
Il Polesine e Rovigheto sono una provincia e una città “col catetere”. Tanti gli anziani. Pochi i nati, molti i morti. Popolazione che diminuisce. Dagli oltre 250.000 residenti in provincia siamo scesi a 230.000. In città abbiamo toccato quota sotto i 50.000, come il quartiere di una capitale. Per ogni bambino che viene alla luce ci sono cinque potenziali nonni. Una situazione simile si è registrata solo nel 1919 a causa della Spagnola quando la popolazione era di 36.000.000. Anche se il Covid si è accanito su questi Alfieri della nostra vita, la situazione è seria, soprattutto per quelle persone che con sacrifici e sudore hanno costruito il Paese che noi stiamo man mano distruggendo. Le cronache locali in questi giorni pongono in risalto il gravissimo debito assunto in questi anni dall’Iras di Rovigheto. Dove si ritrovano parcheggiati tanti nostri vecchi, espulsi da famiglie di faccende affaccendate. Eppure, quando ero bambino, e quando la povertà si toccava con mano, agli anziani veniva assicurato un altro destino. Erano accuditi e rispettati tra le mura domestiche, sino alla fine dei loro giorni. In abitazioni senza mega saloni, sale da pranzo, bagni, cucine e cucinini. In “quattro stanze” trovavano spazio, se c’era, per tutti se non c’era lo si trovava, sempre. Ora, questo aspetto cristiano “dell’onora il padre e la madre”’, come altri dogmi è stato cancellato. Comunque sia, quando emergono grossi debiti comunali si invoca spesso l’ex sindaco Paolo Avezzu’. Tanto che il “rimetti a noi i nostri debiti” non si comprende se sia una espressione ingenerosa o un “do ut des”? Fatto sta che il suo cognome spunta quando si parla di buchi milionari. Lo fu per l’affare piscine, ora per l’Iras. Bilanci in rosso che da anni scottano, non affrontati e riposti in frigorifero. Sin dai tempi del presidente Pierantonio Moretto, rimosso da Paolino e poi incredibilmente riconfermato. Mah! Eppure era il suo driver notturno. Non parliamo delle chiacchiere? Circolavano, appunto, sulle mega spese per attrezzare tipo le cucine che non venivano però utilizzate. Neppure l’avvento dei vari Commissari, spediti dalla Regione, hanno prodotto risultati. Ci voleva forse un Montalbano. Comunque il conto pesante da onorare c’è ed è chiaro. E lo si presenta sempre ai più deboli, agli anziani e alle loro famiglie.
BOCCIATO
in questa “cittadella” che è il Polesine si contano 4/5 morti al giorno per Covid. In Italia 400, dopo due anni dall’avvento del virus, e un popolo ossequioso che si è vaccinato al 90%. Chi non lo ha fatto rischia il 25% di più di morire del 75% che è vaccinato e posto in agonia dopo due anni di detti e contraddetti.
BOCCIATO
Pare che l’ascesa politica di Pier Ferdinando Casini abbia spiccato il volo dopo che Lorenzo Liviero, su richiesta del bolognese, lo aveva presentato in quel di Rovigheto al potente leader Doroteo Tony Bisaglia. Tanto che, nella confusa attribuzione di personaggi che puntavano alla Presidenza della Repubblica, quando è rispuntato il suo nome ho pensato: qui c’è lo zampino del magnifico Lorenzo. Già sindaco del capoluogo ma subito dimessosi per occupare il ruolo meno impegnativo è più remunerativo nelle banche. Definito da Gianpaolo Pansa nel suo o libro “Bisaglia una carriera democristiana” un bisagliano di ferro, che nel 1975 guidava il Movimento Giovanile provinciale. Però pare che il “Pierfurby” fosse stato invece segnalato a Tony da un parlamentare Doroteo, l’onorevole Giancarlo Tesini: “…ho un ragazzo molto attivo in città che voglio presentarti…” gli disse. Ma diamo a Lorenzo quel che è di Lorenzo. Perché “battezzare” un doppiogiochista come l’ex presidente della Camera, cui va bene sia la destra che la sinistra, e che iniziò la sua carriera facendo il portaborse del parroco e del preside della scuola tanto da essersi guadagnato il primo appellativo di “Pierbidello”, non lo trovo esaltante. Lui stesso, da perfetto opportunista, alla domanda di un giornalista:” È vero che prese uno schiaffo da quelli di sinistra davanti al liceo Galvani?”. Forni una risposta che già lo identificava:”Non io, fu mia sorella Maria Teresa. L’avevo incaricata di distribuire un volantino del movimento giovanile della DC”, per poi proseguire:”…È vero che lei deve tutto al capo Doroteo Tony Bisaglia”? Risposta:”No, è stato un maestro, ma poi in Parlamento ci sono entrato e rimasto da solo”. Bisaglia era già morto, per la cronaca. E lui, dopo aver portato anche la valigia di Tesini, una volta caduto in disgrazia, lo mollò e corse verso Forlani, poi Berlusconi. Da quaranta anni, zizzagando cammina nel Transatlantico, tanto da aggiudicarsi il titolo di “parlamentare di più lungo corso”. Frequentando banchieri, società immobiliari, come tutti i cristiani che contano ha mollato la prima moglie e traslocato alla corte del palazzinaro “Caltariccone” impalmando la figlia. Ma, essendo paragonato al bel Anthony Perkins non disdegna le sottane. Ponendo fine anche a questo matrimonio. Sempre con nonchalance, serafico, dopo aver compreso che non era più tra i papabili alla presidenza della Repubblica grazie al Niet della Meloni e Salvini, ha colto l’attimo e si è presentato davanti alle telecamere per esortare:”Chiedo a tutti i colleghi del Parlamento, di togliere il mio nome da ogni discussione, e di chiedere a Mattarella di continuare il suo mandato. Ne va del decoro delle istituzioni: se il Parlamento non è in grado di decidere non può continuare a delegittimarsi con continue votazioni”. Trasformista più bravo di Arturo Brachetti, non c’è che dire.
BOCCIATO
Il giuramento di Mattarella ha ricevuto ben 55 applausi. Uno ogni 42 secondi, è stato calcolato. Non vi riscrivo e vi risparmio le prese per il culo di questi 1009 rappresentanti del popolo che si spellavano le mani su tutto e il suo contrario, apparse sui quotidiani e sui social. Per essere completa, la relazione di Mattarella, che ha più volte citato il sostantivo femminile “dignità”, doveva avere questa conclusione:”Siete una massa di incapaci e coglioni, soprattutto senza dignità. Povera Italia”. Sono certo che avrebbero gioito e applaudito. E io pure.
PROMOSSO