Il tempo non passa. Noi sì
28 gennaio 2022
Passeggiando per Rovigheto mi è capitato di osservare il tessuto urbano, i manufatti, le pietre, i palazzi, le case che permettono, a chi sa interpretarli, la lettura e risoluzione della nostra storia cittadina. Anche se il tempo, l’ignoranza o la superficialità travestita a volte da necessità, ha cancellato certi “luoghi della memoria”. Come l’Adigetto e i suoi ponti deviandone il corso e interrandolo per ricavarne l’arteria principale del centro. Eventi di cui oramai pochi ne sono a conoscenza, e che il trascorrere degli anni è destinato a cancellarli definitivamente. Perché la trasmissione della cultura orale si interrompe coincidendo con la memoria di ognuno di noi. Resistono invece all’usura quali testimoni le forme, i simboli, gli archetipi impressi su facciate, ringhiere, decorazioni. Testimoni di una civiltà scomparsa, quella dei maestri muratori, dei fabbri, degli artigiani. I cui manufatti rappresentano la trasmissione di sapienza e manualità. Che si formava nelle botteghe, nei cantieri, nelle officine dove venivano formati i futuri garzoni, mastri e maestri. “L’apprendistato” allora era una cosa seria. Iniziava spesso attorno ai dieci anni d’età. Non esisteva paga alcuna, nonostante le famiglie fossero più che povere. Ma quel tirocinio duro, faticoso, impegnativo ci ha consegnato artisti che hanno lasciato il solco delle loro opere alla storia. Oggi, non solo sono scomparse o sono in estinzione le botteghe artigiane, impossibilitate a formare giovani apprendisti che si presentano incapaci ad usare i ferri del mestiere, ma eruditi alla perfezione sulle leggi del diritto al lavoro e sindacali. Certo è che uno Stato come il nostro, che ha dato i natali a Michelangelo, Bernini, Leonardo, Raffaello, Giotto, Galilei, tutti passati attraverso le crune dei loro capiscuola, li hanno poi ripagati, spesso superandoli. Oggi in Polesine la disoccupazione, soprattutto giovanile è preoccupante. Il reddito familiare pro capite il più basso del Veneto. Tanto che duemila persone ricorrono al Reddito di Cittadinanza, che si aggira sui 600/700 euro. In tanti probabilmente ne necessitano. In molti se ne avvalgono sfruttando una legislazione che fa acqua da più parti. E permette a mascalzoni, nullafacenti e delinquenti di frodare. Pensate solo se quel milione e duecentomila cittadini che nel Bel Paese ne usufruiscono, fossero guidati da un governo radicato ai valori e principi dei nostri padri, e dirottasse anche solo la metà dei soldi spesi, cioè dieci miliardi ( 1000 milioni moltiplicato 10 ) ai nostri artigiani, muratori, fabbri e così via, sollevandoli da stipendi e contributi insostenibili da erogare ai giovani apprendisti. Forse avremmo imboccato due nuovi percorsi. Iniziare i giovani al lavoro vero e trasformare l’Italia in quella nazione che il Rinascimento ha reso famosa al mondo intero.