Bergamin: bocca chiusa ma domanda aperta
23 febbraio 2019
Se a distanza di quarantott’ore dal suo siluramento la bocca dell’ex sindaco di Rovigo, Massimo Bergamin, rimane chiusa, la domanda resta invece aperta. Avrà il coraggio di dire ai rodigini la sua verità? Anche se non tutta la verità? Senza allargare ad altri partiti che lo sostenevano, quali effettivamente sono state le ragioni “etiche e morali” che hanno spinto i consiglieri leghisti a tradirlo “per il bene della cittadinanza tutta”? Parlo, cioè, dei vari Benetti, Gabban, Marsilio, Raule e Andriotto (che hanno portato complessivamente nemmeno 250 voti di preferenze alla Lega, nelle comunali del 2015) miracolati dall’exploit di Bergamin, che li ha “risucchiati” portandoli nel palazzo nobile amministrativo del comune di Rovigo. Quando si fa parte di una formazione politica, richiede più costanza sopportare la catena che ti tiene legato, piuttosto che romperla. Resta da comprendere se la battaglia condotta sotto le insegne di Alberto da Giussano era personale o pubblica. Sarebbe utile non solo al sottoscritto, per posizionarli tra le varie categorie dei mediocri (mediocre per difetto, mediocre zelante, mediocre suo malgrado, mediocri teste calde) ma anche ai futuri elettori. Così potremo conoscere se il gesto compiuto merita l’alto riconoscimento pubblico o se invece si è trattato di questioni private. Perché, se così fosse, Bergamin ne uscirebbe, seppur parzialmente e soprattutto agli occhi del suo partito, “vincitore”. “Scusate – potrebbe affermare – ma a persone così ubbidienti e con me servizievoli sino a un mese fa, affidereste voi una ricompensa che riguarda il pubblico?”
Roberto Magaraggia
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